Miriano e D'Agostino - Cattedrale Aperta - La Famiglia risorsa di civiltà
Danton diceva che i figli sono della repubblica, ma anche senza essere in mezzo alla Rivoluzione Francese anche oggi siamo chiamati a riaffermare che la famiglia è sempre esistita, che sta antropologicamente all'origine, e che nessuno stato la può "normativizzare", come nessuno può sostituirvisi nell'educazione dei figli. Il giurista e filosofo del diritto Francesco D'Agostino, a Genova per Cattedrale Aperta, ha regalato ai molti presenti una lezione preziosa, al tempo delle rivendicazioni di modelli diversi di matrimonio, di procreazione, di educazione. E con lui Costanza Miriano, giornalista, scrittrice e madre di quattro figli, parole di vita vissuta e di fede certa: la casa, la coppia di sposi a fondamento della crescita dei figli, la diversità tra uomo e donna motivo di gioie e fatiche, la conversione del cuore per sciogliere i nodi anche in famiglia.
Ha incominciato parlando di quel bisogno di stabilità che la famiglia porta con sé, Costanza Miriano: "La casa per i figli è un porto sicuro dove tornare- ha spiegato- I figli devono averla, quella casa: anche se è un posto da contestare, devono sapere che c'è. E deve essere un posto saldo:" Siamo fatti per essere insieme per sempre, marito e moglie, e anche se si vacilla, anche se ci sono i tradimenti, questo è ciò che il cuore desidera." La morale diffusa coincideva un tempo con quella cristiana, e la famiglia, ha detto Miriano, era come un esoscheletro che induceva a rapporti stabili e duraturi. Oggi per un progetto stabile c'è bisogno di un lavoro di conversione, perché siamo bravi in tanti ambiti, a cominciare dal lavoro, ma nella vita degli affetti procediamo senza un progetto. "La famiglia deve essere il primo impegno- ha detto la giornalista- e invece accade che fuori dai il meglio di te e poi a casa ti rilassi, ti riposi e dai il peggio". C'è qualcosa di noi che deve essere salvato, e uno strumento per salvarci è l'obbedienza, l'obbedienza al posto in cui siamo, accanto a quella moglie, a quel marito, a quei figli, come prega nel "Ballo dell'obbedienza" Madeleine Delbreil, ringraziamento e gioia per le piccole, talvolta faticose, cose di tutti i giorni, in cui ci si comincia a convertire. Costruttori di Paradiso, possiamo essere nelle nostre famiglie, ma solo se gli sposi investono nell'intimità della famiglia, piuttosto che gestirla e condurla come soci di un'azienda. Una famiglia dove i figli siano amati, ma non messi al centro come padroni della casa , perché per loro l'investimento migliore non è avere tutto, bensì vedere che i loro genitori si vogliono bene. Una famiglia dove le spose usino il loro talento e la loro sensibilità non per cambiare lo sposo, ma per accoglierlo, e fargli da specchio, per accompagnarlo al meglio, per aiutarlo a non scappare dalla famiglia con il troppo lavoro o con lo svago per non coinvolgersi, per spronarlo ad alzare lo sguardo, spendendosi e dando il meglio di sé. Un'efficace e competente punto di vista femminile, quello ascoltato in cattedrale, per "guarire" la famiglia.
Una famiglia che, nonostante quanto già diceva cinquantanni fa David Cooper, il pioniere dell'antipsichiatria che ne preconizzava non la crisi, ma la dissoluzione e la morte, è ancora viva e vegeta, come non è "morto Dio", come si affermava nello stesso periodo storico da parte di filosofi e pensatori vari. Ed è stato Francesco D'Agostino a rivendicare la rivitalizzazione dell'esperienza religiosa e della famiglia nel mondo, se non focalizziamo lo sguardo soltanto sull'occidente ammalato di individualismo. Ma le aggressioni, sostiene D' Agostino, ci sono, e hanno mutato veste "Ora non si teorizza esplicitamente l'ateismo- ha spiegato- ma molteplici dei: ognuno è legittimato nel credere al proprio dio..." ed ecco che "ogni pretesa monoteistica è considerata violenta, totalitaria e socialmente pericolosa." Lo stesso accade per la famiglia, in un parallelismo che il professore non propone casualmente: "Sociologi filosofi e, ahimè, teologi parlano della pluralità dei modelli famigliari, e la famiglia monogamica è solo uno di questi (...) per farci prendere atto che c'è la famiglia arcobaleno, quella omogenitoriale, e le comunità familiari, per indurci a riconoscere che l'unicità della famiglia non c'è più e non dovrebbe esserci più." Dunque politeismo e pluralità dei modelli famigliari, con la famiglia tradizionale che sembra ormai un'idea antiquata, da abbandonare... Qual è il centro e il cuore del problema? si chiede il giurista. È come se il concetto di unità fosse percepito come vincolante, o noioso, mentre il molteplice appare divertente, sempre nuovo e ricco: e invece è l'unità il primo contrassegno di Dio, e la verità è una, mentre la falsità è molteplice, il Bene è uno (è Dio), mentre il male è molteplice... E richiama Aristotele, il filosofo in cattedrale, Aristotele con il suo uomo animale politico, unico, però, tra gli esseri viventi, a fare famiglia. "Quando noi "scendiamo in piazza"- afferma D'Agostino- ci andiamo con una finalità funzionale, con un lavoro, un titolo, e si interagisce con gli altri uomini a livello funzionale. Ma c'è un'altra dimensione di nuda vita in cui la funzionalità non significa nulla". Aristotele colloca quella dimensione dell'uomo in famiglia, là dove si nasce, si viene educati, si trasmettono valori ai giovani, ci si prende cura dei malati e degli anziani e dove tutti noi vorremo morire: tutte funzioni "non funzione" e guai a renderle tali, come invece sta accadendo, con l'educazione lasciata alla scuola, l'assistenza dei malati all'ospedale, degli anziani agli istituti, i valori alla maestra o al ministro dell'istruzione...
Il rischio è che si arrivi a colonizzare l'esperienza familiare, deformandola: "Si cerca di far credere che la famiglia proviene dallo stato, e invece è il contrario- sostiene D'Agostino-: in tutte le culture c'è infatti la famiglia, ma non in tutte c'è lo stato, artificio inventato in epoca storica, e che adesso pretende di codificare ciò che lo precede... Lo stato è nato, ma la famiglia non è mai nata: è sempre esistita come tutte le strutture antropologiche fondamentali, come il linguaggio, l'arte...E della famiglia, e della sua unità, abbiamo bisogno per essere riconosciuti per quello che siamo, e strutturati come persone umane.
Scritto da Daniela Ghia