9 ottobre 2016 - saluto a don Piero
“Siete voi il mio grazie, segno dell’amore di Dio nel mondo”: don Piero e gli sposi, don Piero e le famiglie, don Piero e i giovani in cammino di discernimento, don Piero e le coppie ferite, malate, spaccate. Don Piero Pigollo che lascia la Pastorale famigliare di Genova e parte per Cuba, e al Santuario della Madonna della Guardia in un’Eucaristia di ringraziamento saluta, passa il testimone e ne raccoglie un altro. E conduce un fiume di persone attraverso la Porta santa: “Passare la Porta santa- spiega- significa che passiamo attraverso il cuore di Dio, e ne usciamo risanati: oggi mi aiutate a dire questo grazie”. Quasi mille persone, alla fine, intorno a lui. Sono quelli delle infinite relazioni che ha intessuto nei suoi primi venticinque anni di prete, e negli anni della Pastorale familiare, accorsi a salutarlo e a far Giubileo con lui, e accorgendosi poi, ascoltandolo, che le due cose stavano molto bene insieme. “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” chiedeva don Piero citando il salmo, nella mattina dei saluti, un salone pieno di gente e il vescovo ausiliare accanto a lui per accompagnare quel fratello prete in un congedo ricco di ricordi, di persone, di sguardi lanciati avanti: “Ci mancherà”, ha detto monsignor Nicolò Anselmi, parlando di quei frutti visibili e non visibili che il suo servizio ci ha portato, e annunciando che “la porzione di Chiesa che è in Cuba potrà godere della sua presenza: ci priviamo di un dono per farlo godedere ad altri”. Perchè don Pigollo parte per Cuba, il 15 ottobre. “Si chiama cooperazione tra chiese sorelle- spiegava Anselmi- e don Piero andrà a portare cose belle della nostra diocesi e ne riceverà altre”. Dopo don Paolo Benvenuto, don Franco Buono, don Marino Poggi e don Doragrossa, quel don Fully che lo sta aspettando e con il quale si passerà il testimone, don Piero va alla chiesa di Cuba: “Vado là a nome della Chiesa- ha detto don Piero-per imparare a essere maggiormente prete, per mettermi in discussione nelle mie comodità...per vivere anche là la fraternità che già qui ho gustato... E non vado là per cambiare niente: dovrò cambiare io.” Ecco la Porta santa di un prete che ha guidato in questi anni giovani e sposi e famiglie accompagnandoli nel gesto del cambiamento che ti fa nuovo, uomo nuovo, coppia nuova, rivestita di un amore che ti precede e ti rinnova. Ecco perchè, nel pomeriggio, non si poteva passare la Porta senza essere toccati da queste parole. “Signore- pregava dopo il vangelo del lebbroso samaritano che torna a ringraziare- se essere straniero fa essere riconoscente, fammi essere straniero. Sarò straniero davvero, tra pochi giorni, e proverò a mettermi nei panni di coloro che arrivano alle nostre coste...ma sarà diverso, perchè io arrivo in aereo, e perchè laggiù loro cercheranno di farmi sentire a casa...”. Un’altra casa, per don Piero, dopo le case delle famiglie genovesi, molti anni di focolari incontrati e amicizia con sposi e fidanzati. “Il Signore si vuol fare aiutare da ciascuno di noi. Non so perchè abbia pescato proprio me, quattordici anni fa” racconta don Piero: ed è un fiume di ricordi in umiltà, da condividere con la platea commossa, a partire da quella chiamata accanto ad un cardinal Tettamanzi desideroso di metter mano alla Pastorale familiare ma subito mandato a Milano a continuar l’opera. La riconoscenza per una coppia di sposi, Flora e Giancarlo Maggi già all’Ufficio famiglia, “che mi avevano aiutato in quei primi anni a capire come fare la Pastorale familiare” e poi la vita delle famiglie che ti entra dentro, o sei tu che entri nella loro, a cominciare da san Martino d’Albaro e Pontedecimo, e incontri i problemi, le difficoltà. Ma soprattutto le gioie e le ricchezze della vita di coppia e familiare, quelle che ti hanno segnato da bambino nella tua famiglia, e nei ricordi di un bilancio non si può tralasciare la memoria in quella casa di Certosa con mamma e papà e fratelli. E poi l’incontro con i fallimenti di altri, che però si fanno segno e speranza, come una stuetta della Madonna, segno casuale ma non troppo donatogli all’esordio della “sua” Pastorale familiare da una persona reduce da un matrimonio fallito: era la Vergine della carità del Cobre, patrona di Cuba. Dioincidenze, le chiama don Piero. Come non casuali sono stati quegli anni senza parrocchia, che gli hanno permesso di immergersi nelle esperienze di coppia o di cammino giovanile, con i Cursillos, gli Incontri Coniugali, e poi Retrouvaille per le coppie in crisi, e Proposta, dove i giovani cercano e trovano Tracce di Gesù nella propria vita. E le Equipes Jeunes, e le proposte diocesane per i fidanzati... e altro ancora, come i campi diocesani a Pratorotondo, quelli “inventati” da don Renzo Ghiglione, indimenticato profeta dei nostri tempi che in questi giorni di ottobre ci lasciava già troppi anni fa. Errori? Assenze, mancanze? Son quelle di tutti: e don Piero ne chiede perdono, insieme al Vescovo Nicolò che dice:” Ogni prete è fatto per la Chiesa universale: perdonateci quando ci siamo e non ci siamo”, e spiega come nei prossimi dieci anni i preti saranno sempre meno numerosi, e le parrocchie affronteranno cambiamenti inevitabili. Ma una giornata come quella della domenica delle famiglie alla Guardia fa ben sperare, e tanto: una vera esperienza di Chiesa, intorno ad un prete che sta per partire per la missione e una Porta santa attraversata come si deve attraversare: nella consapevolezza e nel cambiamento che ti rinnova. Esperienza di Chiesa molto forte, in cima al monte Figogna, intorno ad un prete che va, e intorno ad un altro, Luigi Pedemonte, che assume la Pastorale familiare e incomincia la nuova avventura con tutti quelli che c’erano e con quelli che non c’erano. Alla Guardia decine di movimenti familiari, i Centri per la Preparazione al matrimonio, le Equipes Notre-Dame cammino per gli sposi, gli Incontri coniugali, Mistero grande per incontrarsi e capire, i separati e i separati fedeli, Retrouvaille per le coppie in crisi, e Aiuto famiglia, Agesc per i genitori, le Famiglie missionarie, i cammini per fidanzati, il grande gruppo di Pratorotondo, e le parrocchie, i gruppi famiglia, i parrocchiani di Montoggio, ultima parrocchia di don Pigollo, e altri, altri ancora: magone e montagne di affetto. Tutti insieme, tutti coinvolti, per fare il punto e continuare, per far bilanci e ricominciare. “In comunione tra di noi e con il Vescovo- ha detto don Piero- mettiamo a disposizione le competenze, gli uni per gli altri. E alle famiglie che la comunione ce l’hanno dentro, scritta nell’amore originario che le muove, don Pigollo ha voluto dare, con un piede sulla scaletta dell’aereo che lo farà volare a Cuba, un “compito a casa”: “Cerchiamo sempre di accorgerci dei gesti e delle parole d’amore che doniamo, e che riceviamo”. In famiglia, tra sposi, tra genitori e figli, e poi fuori, per le strade della nostra vita.
Daniela ghia